martedì 1 luglio 2014

La scelta della cura

Poco tempo fa sono stato ad un convegno nel quale tra i vari temi si è parlato di cosa sia curativo in una relazione.
Mentre ogni persona intervistata raccontava la propria esperienza, ho avuto modo di riflettere e mi sono posto alcune domande:
Cosa e perchè voglio curare?
Cosa cura il mio prossimo, l'ambiente e me stesso?
Non arrivando a nessuna risposta soddisfacente, mi sono soffermato su cosa sia realmente una "cura".



Molte volte e molte persone credono che la cura sia un metaforico ponte da attraversare per passare da uno stato di malattia ad uno stato di salute.
Il significato della parola cura è, in verità, più profondo e capace di darci quel potere illuminante di stare in contatto con noi stessi qualunque fase il nostro corpo, la nostra mente stiano vivendo.
La cura non si identifica nel cambiamento tra salute e malattia, va oltre, la cura va a identificare e a rendere consapevole il nostro profondo essere.
Cura è un termine antico che deriva dalla radice KU, KAU=KAV che significa osservare.
La cura è perciò l'azione di osservare.
Andando ancora più in profondità possiamo cercare che qualità deve avere questo atto.
La prima evidente qualità è che io posso osservare soltanto ciò che appare davanti a me in questo momento. Allargando oltre alla vista, posso osservare tramite i miei organi di senso ciò che realmente avviene ora, qui davanti a me.
L'osservazione avviene soltanto nel presente, proprio come tu ora guardi queste parole o le senti raccontate.
Ogni volta che ci collochiamo nel presente creiamo uno stato di presenza immediato, capace di sganciare l'enorme potere che diamo alle proiezioni del passato e del futuro.
In più, osservare ha un'altra qualità fondamentale: la neutralità rispetto al giudizio, l'osservazione è un'azione libera da ogni valutazione.
Cosa mi accade nel momento in cui porto l'attenzione completa al momento presente, nel famoso qui ed ora, osservando senza giudicare?
Ti è mai capitato?
Come mi sento quando questo accade e come si sente l'osservato se è una persona diversa da me?

Curare è accogliere incondizionatamente il presente e darmi il potere di non identificarmi in ciò che osservo che mi limiterebbe.
In sanscrito la parola KAVI significa saggio, colui che ha la sapienza, che è un antico sinonimo di medico.

Concludo la mia riflessione con un nuovo quesito:
"Di chi mi prendo cura e chi si prende cura di me?"



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